Vasco e gli anni Novanta

Arriva il giorno in cui devi cambiare casa, quello in cui lasci un posto dove hai vissuto per quasi trent’anni. Un trasloco comporta un mucchio di scocciature, specialmente quando si tratta di ammucchiare dentro decine di scatoloni tutti i tuoi affetti. Metti via abiti, foto, quadri, cartelline, attestati, lauree, appunti universitari, quadernini, documenti, medagliette, scarpe, giacconi, libri, dvd. E dischi. Ti rendi conto di quanti siano solo quando noti che non ti bastano più di due contenitori per radunarli. Pensi a quanti soldi hai speso per assicurarteli, a quanti sacrifici hai fatto per garantirti le discografie complete dei tuoi gruppi angloamericani preferiti o quelle dei cantautori che hai sempre seguito. Mentre li togli dagli scaffali ti capita un po’ di tutto tra le mani. Così ti ritrovi a contemplare copertine pazzesche di dischi hai ascoltato fino allo sfinimento, ma che tuttavia non hai mai osservato con attenzione; a vedere quante tracce contiene un album che non senti da un po’ o a rileggere chi ha prodotto quel disco di cui parlavi col tuo amico appassionato di musica pochi giorni prima. Poi arrivi al “reparto” di musica italiana in cui negli anni hai ammucchiato tanti nomi noti del pop e del “rock”, quello dove non vai quasi più a pescare niente. Dai un’occhiata ai titoli e agli autori. C’è un po’ di tutto: roba discutibile, che andresti a rivenderti quanto prima se solo riuscissi ad organizzarti, ma anche roba valida e ben prodotta. Così spunta fuori pure Vasco Rossi, e tutti i suoi dischi puntualmente catalogati in ordine di uscita.

Vasco 1998Vasco. Madonna, quanto tempo. Quant’è che non lo ascolti, Alessà!? Oggi non ti interessa più quello che fa, non te lo fili più da “Buoni O Cattivi” del 2004, visto che già “Stupido Hotel” ti aveva convinto poco poco. Nel frattempo ti passano mille cose per la testa. Pensi a quanto sia andato giù dal punto di vista artistico, ai pezzi abulici e prevedibili che ti tira fuori oggi. Pensi che non azzecca più un album da vent’anni. Lo pensi soprattutto quando infili nello scatolone dischi cazzuti come “Liberi Liberi” e “Gli Spari Sopra”, senza contare la roba più datata tipo “Cosa Succede In Città” e “C’è Chi Dice No”. Che dischi quelli! Quanto spaccava lì Vasco. Ci sei cresciuto con quella musica. Non te li senti più oggi quei dischi, ma per quanto li hai ascoltati? Tanto, davvero tanto. E allora che fai? Tutto insieme li rimetti su. Te li risenti uno per uno, ti perdi nelle foto e nelle note dei booklet. Rivaluti alcune tracce di “Nessun Pericolo… Per Te” che anni fa non ti facevano impazzire. Ti vai a risentire Siamo Soli per ricordarti di come Mike Landau aveva impostato quel solo di chitarra tanto figo quanto (troppo) breve. Oppure rimetti su “Canzoni Per Me”, quel disco potenzialmente buono, con pezzoni come Io No e Quanti Anni Hai, ma in cui si avverte dove stava andando a parare il Vasco di fine millennio. Da una parte ti intriga, dall’altra di delude. Però te lo senti, ti ricordi i testi a memoria. Ricolleghi una canzone ad un camposcuola del liceo, un’altra ad una tipa che ti aveva fatto perdere la testa. Così, da un giorno all’altro. Vasco che ritorna nella tua vita. Ma solo certe cose però. Solo certi dischi. “Buoni O Cattivi” no. “Il Mondo Che Vorrei” nemmeno. “Vivero O Niente”, “Sono Innocente”. No no, quella roba no. “Nessun Pericolo… Per Te” sì, quello è il suo ultimo buon disco. Punto.

Alessandro

No Comments Yet.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *