Idee chiare e fiuto per il talento: perché Fabrizio Giannini è un discografico di tutto rispetto

A forza di ascoltare dischi e di leggere interviste e libri sulla musica, oltre alle autobiografie di tanti musicisti e cantautori, con il tempo mi sono reso conto dell’importanza della figura del discografico per la buona resa di un album nonché per il successo di un artista nel sempre complicato – e irrazionale – mercato musicale. Soltanto le persone professionali e dotate di sensibilità e lungimiranza possono fare in modo che un progetto prenda la piega giusta, arrivando al cuore della gente senza operazioni improbabili o patetici escamotage.
Vista la carriera invidiabile che ha fatto, penso che sia doveroso riconoscere l’incredibile abilità di Fabrizio Giannini, prima discografico e poi manager attivo nel campo della musica da più di quarant’anni. A molti questo nome dirà poco o nulla, ma chi come me ha passato l’infanzia e l’adolescenza a sentire fino allo sfinimento certi grandi dischi di musica italiana non può sottovalutare l’impegno di un uomo del genere rispetto alla buona resa di determinati lavori.
Dopo gli inizi alla CGD, dove in passato aveva lavorato suo padre Giuseppe come dirigente, nel corso degli anni Ottanta Fabrizio Giannini prestò servizio sia alla CBS che alla EMI per poi approdare alla WEA Italiana, assumendo il ruolo di direttore artistico. Proprio in quel periodo, parliamo del 1990, istinto e maturità lo portarono a credere nelle qualità di Luciano Ligabue, che dopo tanti “no” da parte di varie case discografiche riuscì a firmare il suo primo contratto, dando così il via a un percorso che tutti conosciamo.
Poco dopo ci fu il ritorno alla CGD, nel frattempo acquistata dalla WEA. Anche lì l’incarico fu quello di occuparsi della direzione artistica, con tanti cantanti finiti nel roster, a partire da Laura Pausini e Irene Grandi, artiste da lui messe sotto contratto e capaci di vendere tantissimo, soprattutto la romagnola, divenuta famosa in ogni angolo del mondo.
Nel corso degli anni Novanta la CGD divenne CGD East West, continuando a pubblicare dischi di artisti per me imprescindibili, penso a Raf, a Pino Daniele e a Vinicio Capossela, solo per fare qualche nome.
Insomma, sapere che dietro ad album come “Manifesto”, “La prova”, “Dimmi cosa succede sulla Terra” e “Il ballo di San Vito” ci sia lo zampino di un professionista del genere, mi porta a provare nei confronti di Fabrizio Giannini un senso di riconoscenza enorme.
Sono sicuro del fatto che il suo gusto e la sua discrezione siano stati più che utili per fare in modo che quei dischi venissero realizzati con la cura e l’eleganza che li hanno resi unici: non ho dubbi su questo aspetto.
A partire poi dai primi anni Duemila, con la scoperta di un certo Tiziano Ferro, altro cantante protagonista di un percorso musicale sensazionale, Giannini si è gradualmente sganciato dalla figura di discografico per dedicarsi al management. E anche lì risultati notevoli, non solo attraverso il costante lavoro al fianco di Ferro, da cui si è allontanato di recente dopo un rapporto lavorativo durato oltre vent’anni.
Pur non avendolo mai conosciuto di persona, mi sento di ringraziare Fabrizio Giannini per tutte quelle scelte artistiche che hanno senza dubbio arricchito la discografia italiana, un mare contenente una quantità sconfinata di pregevoli lavori: una serie di opere formidabili che mi hanno segnato in senso positivo e a cui resto tuttora molto legato, tanto da andare a riascoltarle spesso per rispolverare certe atmosfere e sensazioni.
Concludo questo post con una constatazione: di discografici così capaci, purtroppo, se ne vedono sempre meno. E anche per questo gran parte delle cose lanciate oggi dall’industria musicale italiana sembrano di gran lunga inferiori alle gloriose pubblicazioni del passato.

Alessandro

No Comments Yet.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *