A Budapest a testa altissima

Sono passate già diverse settimane dall’ultima finale di Europa League che ha visto la Roma uscire sconfitta ai rigori per mano del Siviglia. Nonostante questo, nonostante quel fatidico 31 maggio cominci pian piano ad allontanarsi per fare meno male, continuo a provare molta tristezza per il triste epilogo del match.
Non ho mai confidato nella vittoria della Roma, se non altro perché convinto della superiorità tecnica degli spagnoli e della loro maggiore esperienza a livello europeo. Al di là di questo, nei giorni precedenti al calcio d’inizio, un po’ come tanti altri romanisti ho sperato con tutto il cuore in una serata storta per gli iberici e, al contempo, in una prestazione superlativa dei ragazzi di José Mourinho.
La Roma la sua partita l’ha giocata, e l’ha fatto alla grande, mettendoci tutto l’impegno possibile. Peccato che i tanti sforzi fatti non siano bastati: la fortuna, va detto, non ha girato dalla parte giusta, e forse è stato proprio questo elemento a fare la differenza.
Sicuramente, dopo il vantaggio di Paulo Dybala il Siviglia ha iniziato a carburare e a mettere sotto pressione i giallorossi, pronti a difendere in ogni modo quella pregevole marcatura dell’argentino, di sicuro indispensabile per i suoi compagni di squadra. L’autogol di Gianluca Mancini, come il resto della ciurma instancabile e concentrato dall’inizio alla fine, ha forse tolto un po’ di fiducia, perché nei minuti successivi gli avversari hanno seriamente rischiato di ribaltare il risultato.
Seppur con fatica, alla lunga la Roma è riuscita a rifarsi sotto e a provare a costruire gioco, sfiorando più volte il gol che avrebbe forse consentito di alzare il trofeo. La palla, però, per un motivo o per l’altro non ne ha voluto sapere di entrare un’altra volta.
Evidentemente doveva andare così, nel senso che per qualche assurdo motivo alla Roma non sarebbe mai spettato di poter gioire una seconda volta ad appena un anno di distanza dal trionfo a Tirana: ad oggi, questa è l’unica chiave di lettura che riesco a dare a una serata costata lacrime e sofferenza.
Sarebbe stato grandioso festeggiare la vittoria di una competizione del genere, che avrebbe permesso di disputare la prossima Champions League, di incassare un bel po’ di soldi da reinvestire sul mercato e, soprattutto, di andarsi a giocare una Supercoppa europea. E invece, di tutto questo andrà a beneficiare il Siviglia, sicuramente squadra di livello e piena di bravi giocatori.
La Roma, però, non deve rimproverarsi nulla: tutto il gruppo è stato protagonista di una cavalcata incredibile, di un cammino difficile ma sempre affrontato con una notevole maturità. I rigori, poi, hanno dato l’amaro verdetto.
Penso proprio che questa squadra vada elogiata, perché arrivare a disputare una finale europea al culmine di una stagione piena di partite e di infortuni è stato un qualcosa di formidabile. Mourinho ha gestito per tutto l’anno un gruppo in gamba, via via sempre più unito e compatto.
C’è soltanto da essere fieri di questi ragazzi, che si spera possano dare ancora tanto ai colori giallorossi. Adesso è il momento di continuare a leccarsi le ferite, di riposare e di dimenticare, perché già da luglio bisognerà ritrovare le giuste energie fisiche e mentali per provare a fare qualcosa in più rispetto a questo 2023 comunque da ricordare.

Alessandro

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