Massimo Troisi, leggenda

La mancanza su questa terra di Massimo Troisi è semplicemente indescrivibile. Da quasi trent’anni non è più tra noi un talento unico del cinema e del teatro italiano, regista raffinato e attore eccellente, con dei tempi comici favolosi. Una perdita grave, un personaggio insostituibile, senza esagerare nel giudizio.
Nonostante dei problemi di salute chiari ed evidenti sin dalla giovane età, il grande Massimo è riuscito in circa vent’anni a imporsi come un punto di riferimento nel mondo della cultura nostrana. Prima sui palchi della Penisola, dominati con un carisma da vendere insieme ai colleghi e amici Lello Arena ed Enzo Decaro, gli altri due componenti de La Smorfia; poi la macchina da presa, attraverso la quale condensare tutta quell’ispirazione, quella dolcezza e quella genialità per dare vita a dei capolavori assoluti quali “Ricomincio da tre” e “Scusate il ritardo”.
Spesso, quando parlo di lui con la mia ragazza o con i miei amici appassionati di cinema, rifletto a lungo su un aspetto: chissà quanti altri gioielli ci avrebbe regalato un fenomeno del genere se un maledetto infarto non lo avesse portato via una notte di giugno del 1994, subito dopo la fine delle riprese del magnifico “Il postino”. Essendo nato nel febbraio del 1953, l’immenso Massimo lasciò questo mondo ad appena quarantuno anni, il che mi appare tuttora assurdo.
Alle spalle già numerose meraviglie, davanti ancora diversi decenni per continuare a stupire grazie a una creatività sbalorditiva. Se ci penso, se penso a quanto accaduto in maniera ingiusta, vengo assalito da una tristezza devastante. Ancora oggi fatico ad accettare la sua scomparsa prematura, capace, all’epoca, di sconvolgere un intero Paese, in primis l’amico fraterno Pino Daniele.
Massimo era adorabile e generoso, magari con alcuni limiti caratteriali e comportamentali, eppure ben voluto da tutti nel campo artistico. Il suo ingresso nel cinema gli permise di farsi conoscere e amare da un pubblico estremamente ampio. Milioni di persone hanno riso e si sono commosse in sala o a casa ammirando quelle perle da lui confezionate.
Oltre alle pellicole dirette, credo valga la pena ricordare altri lavori impreziositi dalla sua grandiosa recitazione, come “No grazie, il caffè mi rende nervoso” di Lodovico Gasparini e “Splendor” e “Che ora è?” di Ettore Scola. Anche quando al lavoro su sceneggiature non sue, la professionalità e l’istinto gli permettevano di portare a casa dei risultati grandiosi.
Era formidabile, inutile girarci intorno. Ed era anche testardo. Così testardo da decidere di rinviare un importante e urgente trapianto di cuore, forse in grado di salvarlo, per girare e terminare il già citato “Il postino”. Quel lavoro pesante e faticoso sul set, in condizioni tutt’altro che ottimali, finì per dargli il colpo di grazia. Un fisico indubbiamente compromesso non riuscì a reggere, e il povero Massimo si spense a Ostia, a casa di sua sorella Annamaria, durante il sonno.
“Il postino”, come detto, era appena stato concluso. O meglio, erano finite le riprese. Massimo non riuscì perciò a godersi il montaggio di quel film diretto da Michael Radford, che da tempo ambiva a lavorare con lui. E non ebbe modo, dunque, di vederlo per intero, di apprezzarne ogni singola sfumatura.
La sua assenza pesa in una maniera atroce. Tanto, troppo rammarico. E troppo il desiderio di averlo ancora qui con noi, per vederlo all’opera, per chiedergli qualsiasi cosa, per sentirlo ragionare sulla nostra società, per abbracciarlo. Il tempo, molto spesso, non riesce ad alleviare alcuni dolori. Si spera solo che, ovunque sia, Massimo possa vivere nel segno della leggerezza e della serenità più assolute, quelle che traspirano dai suoi film sublimi.

Alessandro

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