Galoni, una penna strepitosa

Quando qualche amico o collega mi chiede di fargli il nome di un cantautore italiano giovane e valido, capace di scrivere e cantare bene, ho pochi dubbi: sebbene ce ne siano molti, nel nostro Paese, di artisti talentuosi (mi vengono in mente Lucio Leoni, Francesco Anselmo, Daniele De Gregori e Mox), consiglio puntualmente Emanuele Galoni. In merito alla canzone d’autore, in cui fanno la differenza testi e musiche piuttosto ricercati, è indubbiamente un artista con cui bisogna fare i conti. Questo perché scrive benissimo, riuscendo a emozionare tramite un linguaggio poetico e diretto al tempo stesso.
Non è più un ragazzino il caro Emanuele, che si può comunque considerare giovane, e non suona nemmeno da pochi anni. Essendo nato nel 1981, da poco superato i quarant’anni e ha già all’attivo tre album favolosi (il quarto è in lavorazione, e dovrebbe vedere la luce a fine anno). Insomma, non un emergente, ma neppure un autore sulle scene da decenni. Sarebbe il caso di dire che lui sia nel pieno della maturità artistica.
Quando nel 2011 esordì con “Greenwich”, un lavoro sontuoso, contraddistinto da un sound essenziale eppure ruvido nel suo taglio acustico, in tanti percepirono le sue notevoli qualità: canzoni di spessore, curatissime in ogni dettaglio, tematiche abbastanza inusuali, versi da brividi, musiche pregevoli seppur non troppo complesse a livello armonico. Ecco, già lì si ebbe la percezione di avere a che fare con una penna rara, meravigliosa.
Tre anni dopo, il bravo Emanuele, originario della provincia di Latina e di professione docente, si riconfermò alla grande con “Troppo bassi per i podi”, più “disteso” e meno spigoloso dal punto di musicale. Anche lì brani sublimi, in qualche modo più immediati grazie ai dolci arrangiamenti pensati dal suo braccio destro, Emanuele Colandrea. I tanti concerti tenuti in seguito all’uscita dell’album gli diedero senz’altro ancora più carica e fiducia, veicolate alla grande nel successivo “Incontinenti alla deriva”.
Quest’ultimo progetto discografico, rilasciato quasi quattro anni fa, lo ha letteralmente consacrato. Brani quali Banksy e Stachanov (scelti come singoli promozionali), oltre ai vari I sistemi binari, In linea d’aria, L’America è una truffa e Per andare dove, tutti gioielli assoluti, sono diventati ben presto degli evergreen, pezzi imprescindibili del suo repertorio live.
Conoscendo il suo rigore, la sua coerenza e la sua bravura, sono convintissimo che anche il prossimo album sarà qualcosa di estremamente bello ed emozionante. Non potrà essere altrimenti: cantautori come lui non scrivono se non hanno niente da dire, e tornano quando hanno tra le mani qualcosa che vale la pena far sentire a chi è stato lì ad attenderli. Quasi sicuramente, nell’ideale seguito di “Incontinenti alla deriva” troveranno posto i tre singoli lanciati a partire dalla primavera del 2020, cioè l’instant song L’esercizio fisico di piangere, Buoni propositi per il nuovo anno e In mezzo alla fretta.
Come anticipazioni non sono affatto male. Di sicuro certificano la sua crescita progressiva, straordinaria per scrittura e interpretazione canora. Sono brani autentici, forti, frutto di un’abilità e di un gusto non troppo comuni dalle nostre parti. Invito chiunque a dare un ascolto ai suoi componimenti: basterà sentire un solo brano per impazzire e farsi coinvolgere dal suo stile. Non esagero, davvero.

Alessandro

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