L’alieno Van Morrison

Alcuni mesi fa ho iniziato ad ascoltare con sempre maggiore frequenza la musica di Van Morrison, per quel che ho avuto modo di sentire un songwriter incredibile, autentico fenomeno per scrittura, voce e non solo. In tal senso, devo necessariamente ringraziare Filippo Gatti, tra i miei cantautori italiani preferiti. È stato lui, attraverso varie cover eseguite nel corso di diversi concerti, a indurmi ad approfondire.
In passato, di Morrison avevo ascoltato giusto qualche classico del suo repertorio. Tuttavia non avevo un quadro preciso della sua discografia, dunque del percorso musicale da lui intrapreso a partire dalla fine degli anni Sessanta. Proprio grazie a Filippo, che negli ultimi anni ha omaggiato in più occasioni l’immenso artista irlandese durante concerti o spettacoli in bilico tra teatro e canzone (mi viene in mente lo show realizzato insieme alla moglie Arianna Gaudio e intitolato “Both Side Now”), sono stato incentivato a ricercare in rete i suoi lavori maggiormente acclamati, in attesa di comprare un po’ di cd e vinili in negozio.
Non posso dire di aver sentito tutta la sua produzione, davvero ampia in virtù di una prolificità sorprendente, in ogni caso ho posto molta attenzione ai dischi rilasciati a partire dagli esordi fino alla fine degli anni Settanta. Ebbene, in quei dieci, undici dischi che vanno da “Blowin’ Your Mind!” a “Into the Music” ho trovato una qualità pazzesca. A mio avviso, Morrison è un autentico alieno nel senso che, almeno a inizio carriera, ha confezionato dei lavori superlativi, fatti di canzoni micidiali estremamente differenti tra loro.
Ascoltando album come “Tupelo Honey” e “Wavelenght”, senza dimenticare “Astral Weeks” e “Moondance” che lo consacrarono circa cinquant’anni fa, ci si imbatte costantemente in pezzi superlativi, ispirati, eseguiti in maniera impeccabile con l’ausilio di musicisti fenomenali e incisi con un gusto particolare a livello di arrangiamenti. Morrison ha sempre fatto confluire nella sua musica una quantità esemplare di generi. Nei suoi brani, sorretti da testi magici e sontuosi, si possono scorgere elementi legati al rock, al blues, al folk, al jazz, al repertorio tradizionale irlandese, al soul. Già, il soul. Ce n’è tantissimo nei suoi dischi. E quando partono quelle canzoni così cariche di vita, di gioia, di luminosità e di energia non ce n’è per nessuno. Lì è semplicemente inarrestabile. È un maestro. E almeno il sottoscritto si dice convinto che abbia fatto davvero scuola ispirando negli anni centinaia, forse migliaia di cantanti intenzionati a creare dei componimenti contraddistinti dalla stessa magistrale profondità.

Alessandro

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