Un’opera mastodontica intitolata “Quintale” e firmata dai Bachi Da Pietra

Se la memoria non m’inganna, ho già scritto in precedenza dei Bachi Da Pietra su questo blog. Il motivo è semplice: amo incredibilmente il duo piemontese formato da Giovanni Succi e Bruno Dorella. Ogni volta che qualcuno mi chiede quale sia, in assoluto, il miglior gruppo rock italiano di tutti i tempi, faccio sempre il loro nome. Del resto fatico a trovare un complesso abile quanto loro a tirare fuori canzoni potentissime caratterizzate da suoni così affascinanti e da testi tanto sublimi, profondi, maturi, efficaci.
I Bachi Da Pietra possono contare su un tasso tecnico sorprendente. Nonostante questo, a livello compositivo, danno puntualmente il massimo. Per quanto siano sulle scene da oltre quindici anni, dimostrano ancora oggi di avere tante cose da dire e, particolare da non sottovalutare, ispirazione da vendere. Insomma, un gruppo divino che con una chitarra e una batteria riesce a costruire un sound che é sì devastante e massiccio ma, al contempo, ragionato e ricercato.
Credo sia singolare il loro percorso. I primi quattro dischi, vale a dire “Tornare nella terra”, “Non io”, “Tarlo terzo” e “Quarzo”, erano contraddistinti da uno stile unico e ben definito, con pezzi ipnotici, scarni negli arrangiamenti, abili a evidenziare una scrittura suggestiva sorretta da un cantanto quasi sussurrato, a momenti parlato, e da progressioni chitarristiche vicine al blues accompagnate dai colpi letali di batteria scanditi da Dorella. Poi qualcosa cambia. Nel gennaio del 2013 arriva “Quintale”, un disco incredibile che, di fatto, apre un nuovo capitolo per i Bachi.
In questo album, registrato, mixato e tagliato in analogico da Giulio Ragno Favero, le tracce sono decisamente più veloci rispetto al passato. Succi e Dorella danno vita a una svolta rock che convince fin dal primo ascolto. Restano echi blues, mentre vengono introdotte soluzione piuttosto heavy che, ogni tanto, strizzano l’occhio al metal. I versi delle canzoni tolgono il fiato per via di un linguaggio diretto eppure molto autorevole. A fare la differenza ci sono inoltre riff di chitarra così incalzanti da far impazzire. Nessun brano risulta essere superfluo, la scaletta scivola via che è una meraviglia.
Perché “Quintale” ha aperto un nuovo capitolo per il duo di Nizza Monferrato? Perché da lì in poi, almeno fino a oggi, i Bachi hanno perseguito uno stile accattivante, mettendo da parte strumenti acustici e componimenti più “rallentati”. A testimoniarlo l’ideale seguito di “Quintale”, vale a dire “Necroide” del 2015. Negli ultimi tempi il gruppo si è fermato, anche se non in maniera definitiva. Prima o poi i Bachi torneranno e, con molta probabilità, nel giro di un anno si potrà sentire nuovo materiale da loro concepito. Nel frattempo ci si può godere sia il progetto solista di Succi che le produzioni di OvO e Ronin supervisionate da Dorella.
In merito a “Quintale”, ricordo alla perfezione le sensazioni provate al momento del primissimo ascolto. Erano i primi giorni del 2013 e ricevetti una copia del cd da parte di Rossana Savino di Pitbellula così da recensirlo. Un freddo pomeriggio, in pausa di studio, decisi di metterlo su: fu un’autentica folgorazione. I velocissimi fraseggi di chitarra della traccia di apertura, vale a dire Haiti, mi mandarono al manicomio. Quindi fu tutto un susseguirsi di deliri sentendo con piacevole spaesamento tracce del calibro di Brutti versi, Enigma, Mari lontani, Pensieri parole opere e Dio del suolo. Siamo di fronte a un capolavoro, nessuno me lo toglierà mai dalla testa. Invito chiunque a sentire per intero l’album.

Alessandro

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