Ci sono tanti brani musicali capaci di stendere al primo ascolto. Per quanto mi riguarda, tra questi metto senz’altro Willie the Pimp, forse l’autentica gemma dell’album “Hot Rats” sfornato nel 1969 dall’immenso Frank Zappa.
Mio padre, grande estimatore del compianto musicista americano, mi fece ascoltare il pezzo in questione una quindicina di anni fa. Ricordo tutto alla perfezione.
Eravamo ancora nella casa di via Trionfale, a Monte Mario, dove sono cresciuto. A cena avevamo parlato a lungo di musica straniera, soprattutto di progressive, blues, hard rock. Dopo aver sparecchiato, recuperò un po’ di cd dalla libreria dove erano custoditi e mi rivelò alcune cose riguardo dischi grandiosi pubblicati in Inghilterra e negli Stati Uniti tra gli anni Sessanta e gli anni Settanta.
Archiviato il materiale pubblicato da gloriose band che ora mi sfuggono, arrivò a Frank Zappa, e per l’occasione si giocò il suo asso migliore: “Hot Rats”, per l’appunto.
Probabilmente riuscimmo a sentire per intero la traccia di apertura dell’album, vale a dire Peaches en Regalia, intrigante nel suo andamento festoso e in parte ipnotico. Poi fu la volta di Willie the Pimp, e il cervello andò in tilt.
Impossibile restare indifferenti nel contemplare tanta meraviglia: un autentico delirio costruito alla perfezione grazie a riff e assoli di chitarra elettrica, con un groove da brividi a sostenere tutto e a ingigantire la potenza, il calore del sound. Qualcosa di straordinario, un esempio eccellente di rock blues tonico e aggressivo e per nulla stucchevole.
La cosa sorprendente di Willie the Pimp è che la sua intensità rimane costante e intatta dall’inizio alla fine: oltre nove minuti di magia, dove risulta assai difficile individuare momenti di calo. Mi viene da definirlo una “cavalcata” per la sua capacità di trascinare e travolgere al tempo stesso.
Il componimento è a dir poco impeccabile. Zappa canta poco, butta lì qualche parola all’inizio, giusto per caricare l’atmosfera prima che tutta la strumentazione scelta in fase di produzione faccia il suo dovere, catapultando l’ascoltatore in un altro universo.
Davvero magnifico, per non dire sensazionale: una scarica di brividi sulla pelle, diretta conseguenza delle emozioni suscitate dalla creatività, dall’istinto e dal talento di un compositore formidabile e inimitabile.
Alle volte dal rock vengono fuori delle cose pazzesche, per certi versi inimmaginabili.
Alessandro
Leave a Reply