
Ho letto con grande emozione e trasporto “Così in terra”, il primo romanzo di Davide Enia pubblicato nel 2012. Dopo averlo scoperto al Teatro Argentina con il suo splendido monologo “Abisso”, dedicato al dramma degli sbarchi a Lampedusa, sono andato a controllare la sua bibliografia scoprendo un testo del genere, tradotto in decine di lingue e pubblicato in tutto il mondo. Intrigato dalla trama, mi sono subito messo alla ricerca del volume in questione, ordinandolo presso la mia libreria di fiducia in piena fase pandemica (estate del 2020, se non ricordo male).
Mi viene da definirlo un lavoro ispiratissimo, coinvolgente. Una scrittura, la sua, decisamente ipnotica e forte, decisa, trascinante. In quello che si può definire a tutti gli effetti un romanzo di formazione, il protagonista affronta una serie di esperienze destinate a farlo crescere e maturare.
Sullo sfondo Palermo, dannatamente bella anche se segnata in negativo dalla follia umana, capace di diffondere violenza, cattiveria, terrore. Una città che attraverso le parole dell’autore viene percepita come croce e delizia da chi la abita.
Una costante, nel libro, è anche il pugilato, visto che il piccolo Davide aspira a imporsi come un grande atleta, cercando di seguire le orme dei suoi parenti, a partire dal padre, un talento scomparso troppo presto per riuscire ad affermarsi. Fondamentali, per lui, lo zio Umbertino e il Maestro Franco, pronti a sostenerlo nel suo desiderio di trovare un certo tipo di riscatto sociale attraverso lo sport.
Insomma, qualcosa di davvero bello e commovente, in grado di regalare profonde emozioni tramite una narrazione fluida e impeccabile. Sicuramente tra le cose più belle che ho avuto il piacere di leggere negli ultimi cinque anni.
Anche se è fuori da parecchio tempo, mi sento in dovere di invitare chiunque a dedicare un po’ del proprio tempo alla lettura di un testo simile. Un peccato lasciarselo sfuggire.
Alessandro
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