Gigi caro…

Mi sono preso un po’ di giorni per scrivere di Gigi Proietti, venuto improvvisamente a mancare lunedì scorso. Pensavo di mettermi davanti al pc di casa con meno angoscia rispetto al giorno in cui si era appreso della sua scomparsa e invece niente. La disperazione è tanta, è enorme, non si arresta e non diminuisce, rimanendo piuttosto intatta e pulsante. Mi viene davvero difficile descrivere lo stordimento, l’incredulità, l’amarezza. Siamo di fronte a una perdita gigantesca e non sono certo l’unico a riconoscerlo.
Proietti ha dato tantissimo alla nostra cultura, un contributo esorbitante, esagerato, sconfinato. Non potremo mai sdebitarci con lui per quello che ci ha donato e forse non ci basterà una vita intera per rendercene conto. Per lui parlano decenni di carriera a livelli incredibili. Cinema, teatro, televisione: non c’è stato un solo progetto, una sola esperienza, in cui quest’uomo galante e ironico, sensibile e trascinante, si sia risparmiato. Ogni suo contributo o lavoro, che fosse minimo o completo, si è sempre rivelato eccellente e sontuoso. E ciò non è mai dipeso soltanto dal talento e dall’esperienza che erano sotto gli occhi di tutti. No. Ciò è stato anche e soprattutto diretta conseguenza di umiltà e passione. A mio avviso, e forse qualcuno concorderà con me, erano quelle due peculiarità a dare a Proietti una marcia in più.
Non posso credere che d’ora in avanti non ci saranno più occasioni per vederlo all’opera, per poterlo incrociare da qualche parte di Roma, in qualche locale, in qualche teatro. Lui metteva il buonumore solo a vederlo. Era sinonimo di simpatia, di leggerezza. In tempi nerissimi come questi, sentirlo parlare o recitare era un qualcosa di prezioso. La sua presenza era un mix di gioia e conforto. Dava conforto, questo sì. Era una rassicurazione, indubbiamente.
Ora tutto questo non c’è più. Non c’è più la sua professionalità dietro la programmazione di una stagione del Globe Theatre, creatura fenomenale da lui orchestrata con una sapienza magistrale per quasi vent’anni. Non ci sono più tantissime cose. Rimangono fortunatamente i contributi audio e video registrati in passato, e quindi film, fiction, programmi televisivi, riprese di spettacoli dal vivo. Ma Gigi è altrove, dove non si sa. E noi siamo qui spaesati, disorientati, claudicanti, a brancolare nel buio. Una grande luce si è spenta e ritrovare la strada è complicato. Forse non conviene nemmeno cercarla una strada, non adesso. Converrebbe piuttosto stare fermi e buoni, in silenzio, a pensare e a ricordare.
Il mio pensiero va soprattutto alla sua famiglia, alla sua compagna storica e alle sue due splendide figlie. Carlotta, un talento strepitoso, l’ho incontrata e intervistata parecchie volte. L’ho anche vista esibirsi e sono rimasto folgorato dalla sua preparazione e dalla sua presenza scenica. Posso immaginare il legame tra loro e infatti mi viene da piangere.
Stavolta è dura, è dura davvero. Non è per essere retorici, ma tutto d’un tratto ci troviamo senza un imperatore e un angelo al tempo stesso. Onestamente non riesco nemmeno a risollevarmi guardando i suoi sketch più celebri: quel principio di sorriso che si genera sul volto viene smorzato da un groppo in gola tremendo, insopportabile, e da occhi lucidi e rossi e gonfi.
Gigi caro, non so che dire se non che manchi in una maniera non quantificabile. Confido nel tempo che, eventualmente, mi permetterà di tornare a ridere nel rivedere qualche tuo capolavoro di comicità sensazionale. Ma ora c’è solo dolore. Tanto dolore.

Alessandro

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