Euro ’96, la Germania di Berti Vogts e Andreas Köpke

Quest’anno si disputeranno in Francia gli Europei di calcio, e quando penso alla parola “Europei” la collego sempre al torneo che andò in scena in Inghilterra nel 1996. Dopo Usa ’94, Euro ’96 fu la competizione che seguii con maggior interesse e partecipazione. Avevo appena otto anni, ma il pallone era già una fissa per me, che ogni anno pregavo i miei genitori di iscrivermi a scuola calcio e che appena potevo radunavo puntualmente gruppi di amici per organizzare partite sul primo campo che capitava, d’erba, sabbia o asfalto che fosse.
Di Euro ’96 non persi nemmeno un match. Ogni pomeriggio e ogni sera ero puntualmente davanti alla tv. Essendo estate mi trovavo al mare dai nonni, a Pescara, città in cui sono cresciuto e a cui sono tanto legato. Gli incontri pomeridiani li seguivo nel bar dello stabilimento balneare di famiglia, lo Smeraldo. Ricordo che già dopo pranzo entravo nel salone per prendere posto. Gli amici li lasciavo in acqua o davanti ai videogiochi, io mi accomodavo e assistevo alle partite in silenzio, accanto a gente ben più grande di me intenta a sorseggiare birra e a fumare.
Le partite erano veri e propri eventi. In campo c’erano giocatori straordinari, veri e propri miti (Alan Shearer, Paul Gascoigne, Angelo Peruzzi, Davor Šuker, Gari McAllister, Youri Djorkaeff, Hristo Stoičkov). In più la cornice era il top: l’Inghiterra, con i suoi stadi incantevoli.
Al tempo tifavo sì Italia, ma simpatizzavo anche per la Germania e non ricordo bene il motivo. Di certo quella squadra, destinata poi a vincere in finale contro la grande Repubblica Ceca di Berger, Šmicer, Poborský e Nedvěd, aveva un signor giocatore tra i pali. Il numero uno era Andreas Köpke, di proprietà dell’Eintracht Francoforte e in procinto di trasferirsi all’Olympique Marsiglia, portiere che ho sempre ammirato e imitato quando anch’io giocavo a livello agonistico.
Elegante, sicuro nelle uscite, impeccabile nelle prese, pulito negli interventi, reattivo e plastico. Maglia turchese dentro ai pantaloncini, calzettoni e guanti (Reusch) rigorasemente bianchi. Un idolo assoluto. Pur essendo tedesco non aveva una grande statura, ma sapeva farsi valere sulle palle alte e dava sempre sicurezza a tutto il reparto difensivo.
Se la Germania di Berti Vogts riuscì ad arrivare fino in fondo fu anche merito di Köpke, che diede un bel dispiacere ai nostri azzurri neutralizzando il calcio di rigore di Zola nel terzo e ultimo match del girone. In quella partita da dentro o fuori l’Italia ci provò in tutti i modi a fare risultato, ma niente. I tedeschi arginarono i nostri continui assalti e con lo 0-0 finale ci costrinsero a tornare a casa senza nemmeno approdare ai quarti. Una grande delusione, visto e considerato l’esordio vittorioso contro la Russia (2-1, doppietta di Casiraghi). Ma in quella partita, quella contro la Germania all’Old Trafford di Manchester, fu un’emozione enorme ammirare il grande Köpke.

Alessandro

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