Faber, il Principe e quel gioiello di “Volume 8”

1 Novembre 2014 0 , , , , 0

Sono tanti, innumerevoli i dischi a cui sono particolarmente affezionato. Ma se dovessi mai stilare un’ipotetica top ten relativa ai miei album preferiti in assoluto, non potrei assolutamente escludere da tale classifica un disco come “Volume 8” di De André. Per quanto sia da sempre legato all’ultimo Faber, ovvero a quello che va da “L’Indiano” ad “Anime Salve”, ritengo estremamente affascinante e sublime “Volume 8”, seppur molto “ordinato” ed essenziale negli arrangiamenti.
Adoro incredibilmente le atmosfere di questo lavoro che Faber pubblicò ad un solo anno da “Canzoni” e a due da quell’altro capolavoro pazzesco che ha fatto la storia della musica italiana, ovvero “Storia Di Un Impiegato”.
“Volume 8” rappresenta uno spartiacque importante nella carriera di De André perché con molta probabilità è il suo disco più influenzato dalle sonorità folk provenienti dall’area anglosassone. Diciamo che con questo album De André si distaccò definitivamente dalla musica trobadorica che tanto aveva caratterizzato i suoi lavori precedenti. E bisogna dire che tale virata stilistica si palesò grazie soprattutto alla collaborazione con Francesco De Gregori, uno che già da anni masticava il folk di gente come Dylan e Cohen, inserendolo puntualmente nelle canzoni che buttava giù agli esordi.
Prima di iniziare a scrivere i brani destinati a finire in quello che sarebbe stato “Volume 8”, De André chiese a De Gregori di prendere parte alla composizione dei pezzi. De Gregori al tempo era poco più che un ventenne, visto che parliamo del 1974. Il Principe era reduce dalla pubblicazione di due soli album solisti andati benino, e ancora doveva partorire una creatura come “Rimmel”. Ma a quanto pare De André aveva fiducia in lui. Lo stimava, ed evidentemente tra di loro c’era un bel rapporto, una grande sintonia, nata dai fugaci incontri avvenuti al Folkstudio, dove De André si recava spesso quando passava a Roma.

Volume 8Alla fine De Gregori non si lasciò scappare un’occasione del genere, e se ne andò in Sardegna con De André a scrivere, dando poi vita ad un album profondissimo, fatto di canzoni straordinarie come Oceano, Canzone Per L’Estate, Le Storie Di Ieri e poi le due composizioni interamente scritte da De André, vale a dire Giugno ’73 e Amico Fragile.
Pensare a Faber e al Principe che lavorano insieme mi fa sempre un certo effetto. Quando ascolto “Volume 8” penso al periodo di lavorazione che l’ha contraddistinto. Penso alle serate che hanno passato insieme in quella casa sul mare a buttare giù accordi e parole. Fantastico continuamente circa le loro conversazioni sulla vita, le loro aspettative sul disco che sarebbe venuto fuori. I loro dubbi sul disco. E poi penso alle abitudini che avevano, alle centinaia di sigarette fumate e le bottiglie di vino svuotate. Penso al Faber insonne e al De Gregori che la mattina prendeva il motorino per andarsi a fare un giro in paese in attesa che l’altro si svegliasse per mettersi a lavorare. Che meraviglia. Chissà che aria si respirava dentro quella casa, chissà se poi c’erano ogni tanto tensioni tra di loro. D’altronde Faber aveva un bel caratterino, e in più era sempre preoccupato e nervoso durante la lavorazione di un album, soprattutto per via delle pressioni da parte dei discografici. E pure De Gregori non è mai stato da meno in tal senso. Deve essere stato un grande onore per lui lavorare al fianco di André. Mi immagino la sua emozione nel ritrovarselo di fronte con la chitarra e a comporre insieme, lui che di Faber era innanzitutto un estimatore, un fan.

Alessandro

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